Secondo Freud il perturbante (Unheimliche) suona familiare pur risultando estraneo alla nostra vita psichica, non dovrebbe essere lì ma riaffiora dal passato da cui è stato rimosso.

Qualcosa a cui non sapevamo di appartenere  ci chiama da una dimensione più aliena del nostro abituale subconscio, lo sguardo di un osservatore indefinibile  si specchia nel suo ambiguo contrario, heimliche: ciò che è sicuro, familiare ma al tempo stesso da nascondere.

Il concetto di uncanny valley esprime la stessa cosa: c’è una zona grigia al confine tra la figura umana e la nostra risposta empatica.  

Credo che il perturbante nel processo artistico descriva lo stupore davanti all’imprevisto, lo  stato di incertezza e di sospensione innaturale che ci assale nell’attraversamento di un volto, di un paesaggio. E che non ci abbandona finchè non decidiamo di proseguire.